Non
è che non voglia, sarebbe sbagliato pensare una cosa del genere.
E’
che non so a cosa possa portare tutto questo, e lo so che non serve a nulla
fasciarsi la testa prima di essersela rotta e cose così, ma conosco il rapido
susseguirsi di paesaggi sempre meno stranieri che osservo con occhio spento
attraverso vetri spessi e sporchi delineando un quadro opaco al di là di
questi, e saranno questi dettagli e nient’altro che in un domani
potrebbero farmi pensare a questi momenti come ad un sogno effimero e
indefinito. Con la schiena poggiata alla meno peggio contro la parete, perso in
un apparente stato di tranquillità senza scompensi, cercando di ignorare tutte
le domande che si affollano dentro, che ti fanno invertire il flusso del sangue.
E
davanti a me la strada, con le luci che vanno e vengono da lampioni vecchi di
cinquant’anni, la mia ombra che ad intervalli irregolari mi accompagna nel
cammino, perso fra pensieri a cui non riesco a dare un senso preciso.
Il
gusto della vittoria appena conquistata è un sapore effimero, capisci? Col
tempo viene fiaccato dal cielo grigio, il sole incerto, l’aria rarefatta. E
dalle attese.
Ed
i silenzi, in ambienti così grandi e vuoti che dubiti della loro utilità. Ti
trovi lì, a sbirciare trasversalmente i titoli di prima pagina del quotidiano
che sta leggendo qualcuno che è lì di passaggio. Oppure ascolti la tua musica
silenzioso e incerto, cercando un quattro quarti adatto a decodificare le
sensazioni di assoluta incertezza che provi in quel momento. Ma guai a
chiamarla paura.
E
poi, sai dirmi con precisione quanto potrà confortarmi un sorriso, mentre ti
vedo attraversare la mia vita con la rapidità di un colpo di vento, per poi
scomparire per sempre, o magari solo per un po’ di tempo, ma che a volte sa
essere ancora più definitivo di un addio.
Perché
i ritorni non sono mai delle copie fotostatiche di quello che era prima, e
magari potresti non gradire la mia predisposizione dei mobili, forse a me non
piacerà più la tua carta da parati. E la più consumata delle routine può
diventare come un rastrello lungo la schiena, fino ad acquisire la
consapevolezza che forse quelle stelle lassù in cielo non brillano per noi,
probabilmente attraversano il nostro cielo con una indifferenza a tratti quasi
divina, e l’entusiasmo di far parte di un fantastico puzzle colorato di cui
potevo essere il pezzo mancante rapidamente sfuma via, fino a diventare una
nube di fumo che si dissolve nell’aria e si trasforma in nulla, come il fiato
che fuoriesce dalla bocca di fumatori incalliti.
Sai,
spesso percorrere una strada troppe volte è come non averla percorsa mai.
Per
cui, fammi accendere questa sigaretta, lascia che la flebile fiamma ci
conforti, giusto l’attimo necessario affinché i nostri sguardi, i nostri
pensieri, le nostre vite convergano in un denso amalgama, fatto di scelte
sbagliate e parole solo sussurrate.
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