giovedì 14 luglio 2016

Ultima - mente.


Tutto gira, evoluzioni di un mondo che non conosce sosta.
Eppure, in tutto questo perpetuo divenire, qualcuno ha bisogno di fermarsi, anche solo per un attimo. Seduto, fermo, gli occhi socchiusi  a fissare la televisione senza audio. Da questa prospettiva, quelli che si muovono all’interno dello schermo sembrano degli scalmanati colorati che si sbracciano senza un reale perché.
Se si osserva fuori dalla finestra, la visione filtrata attraverso i vetri del paesaggio che si trova oltre le mura ne esce deformata, e quello che si prospetta oltre il davanzale è un paesaggio in cui la foschia notturna sembra quasi delineare un linea rossa parallela al terreno, intorno alla quale le abitazioni sparse disordinatamente tutt’intorno ricordano un coro greco che intona una maledetta litania che tende a ripetersi ossessivamente.
Le strade potrebbero essere ammantate da un sottile velo di pioggia che come un miserabile velo di rimpianti si poggia sulle coscienze di quanti già sono caduti nel gentile e invitante sonno notturno.
Potrebbe essere il momento ideale per la ponderazione di ciò che è stato, momento ideale per scuotere i paludosi labirinti di un cervello incapace di archiviare le battaglie importanti, indipendentemente se abbiano portato ad una decadente sconfitta oppure ad una memorabile vittoria.
Perché, alla fine, non esiste sconfitta che non venga irradiata da un seppur labile raggio di sole, che fiaccamente si fa spazio tra solchi di nuvole; nessuna vittoria è stata raggiunta, senza che le spade non siano state battezzate dal sangue.
Sfumature. Come il fumo che lentamente satura l’aria circostante, come il lieve spirare del sole al tramonto, come il sorriso di chi si ama in mezzo ad un folla di nessuno.
In fondo, può essere una sfumatura il cercare necessariamente delle colpe per eventi spiacevoli, dei quali forsennatamente disconosciamo ogni paternità; tuttavia, quando qualcosa finisce, quando una catena si spezza e ne assistiamo alla contestuale nascita di un’altra che rappresenta il nostro triste fardello di miseria, non esistono colpe, non esistono meriti. Non esistono assoluzioni, così come non esistono condanne. Anche se non ci sembra vero, anche se sollevando la maglia troviamo una ferita che non si è mai del tutto rimarginata, rimanendo un cratere di sangue e pus, un appestato monito di certezze che fondamentalmente non sono mai state davvero tangibili.
Può darsi che, attraversando dei labirinti creati dalla nostre presunzioni di consapevolezza, il nostro cervello ne sia uscito deframmentato, il nostro cuore inaridito; ma questo non ci rende automaticamente migliori, non ci rende propriamente dei reduci. Non si può essere guerrieri solo al momento di contare le cicatrici.
Ora è troppo tardi per piangere per le tempeste che ci hanno colti impreparati, è troppo tardi per qualsiasi cosa, tranne che per impedire che un sinistro lascito resti agganciato alle nostre caviglie mentre andiamo oltre.
Possiamo cavalcare l’onda, prendere questo luminoso buio e farci avvolgere dal suo tepore, renderlo il nostro mantello.
Ricordare le azioni, i pensieri e i sentimenti che ci hanno fatto sentire vivi, non dimenticare i motivi per cui abbiamo combattuto, gli amici che sono andati via, le mani che abbiamo strinto, gli abbracci che ancora non sapevamo che sarebbero diventati oscuri preludi di tempeste. Tenere sempre a mente i momenti stessi in cui abbiamo fatto queste cose, l’energia che si espandeva da esse.  Così facendo, non saremmo migliori, non saremmo più forti, ma forse questo paradossale esoscheletro potrà proteggerci da ciò che ci ostacola, e sarà figlio dell’esigenza di custodire ciò che è importante.
Quando pioverà, non ci bagneremo; quando farà freddo, non tremeremo; e potremo continuare a rincorrere i nostri sogni.
L’equilibrio assoluto ed immutabile è per gli sciocchi e per i superficiali. C’è anche chi preferisce camminare sulla precaria corda del continuo osare, anche se essa sembra non finire mai: perché se cade, è pronto ad assumersi le sue responsabilità  E perché in cuor suo sa che è l’unico modo per non fermarsi mai davvero.
Forse è un modo sbagliato di agire, ma forse è anche l’unico modo che si conosce per andare avanti.

C’è chi preferisce provare a disegnare, invece di limitarsi ad abbozzare.
Adesso il sole sta per sorgere, e mentre qualcuno dorme c’è chi è pronto ad accogliere il nuovo giorno, coraggiosamente impettito e con l’occhio fisso verso l’orizzonte.
Anche se la pioggia imperversa, anche se il vento aggredisce il volto.



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